Estratto:
Jake avanzò di un passo mentre scrutava il suo corpo per poi risalire
sul suo volto, inchiodandola con quegli occhi famelici. «Ascolta tesoro,
nemmeno tu sei uno stinco di santo e, per tua informazione, abbiamo gli
stessi fan!» Un altro passo in avanti: «Non dirmi che alle donne non
piace essere prese senza lasciare loro il tempo di respirare! Si chiama
passione, piccola!» Beh, sì! A lei piaceva, ma non glielo avrebbe mai
confessato... «Davvero? Da quando in qua comprendi la psicologia
femminile?» Quella era chimica! Quella che sentiva dentro, quella che…
ti sbatterei contro il muro, stronza! «Liz, non ti piace essere presa
con passione? Avere mani che ti strappano abiti, che ti stringono e
labbra che ti assaggiano?» «Stai indietro, Jake!» Non lo avrebbe mai
ammesso: «No! Non mi piace affatto!» e sollevò il volto in segno di
sfida. Lui invece voleva toccare ogni centimetro della sua pelle e
inoltre ogni centimetro del suo cuore! Come sarebbe stato sollevare
quelle lunghe gambe e farsi circondare la vita? "Come sei, Liz Lee,
quando fai sesso?" La tensione fra di loro si fece prepotente: era
ripartita quella magia, l’aria ne era intonsa. Crepitava, magnetica e
violenta. «Jake, sei uno stronzo!» Fu tutto così repentino: si ritrovò
con i palmi appoggiati alla parete di fronte e lui, che la schiacciava
con il peso del suo corpo. Le scostò i capelli dal collo, sfiorandole le
scapole con la punta delle dita, ansimando. «Sei sicura che non ti
piaccia?» disse con voce roca. Liz cercò di divincolarsi: «Non toccarmi!
Non farlo Jake!» Stringendole i fianchi, le strusciò l'erezione contro
le natiche. «Sei sicura?» le sussurrò all'orecchio con voce carezzevole.
Non era più sicura di nulla! La rabbia si mescolò al desiderio. «Jake,
mi stai facendo male!», male, al cuore, in mezzo al petto! Lui la fece
voltare: «Guardami…», poggiò entrambi i palmi alla parete,
intrappolandola. Puntò gli occhi color ambra in quelli di lei, color
smeraldo. Ambra e smeraldo, due pietre preziose. «Non farlo, Jake!» Era
troppo tardi, lo aveva già fatto. «Io sono fuoco, fuoco ardente. Brucia
con me, Liz…» Le passò l’indice sulle labbra e sul collo, sino
all’incavo dei seni. «Sei sicura che non vuoi che io ti tocchi?» Lo
afferrò per la maglietta e lo spinse indietro, ansimando. Poggiò la
testa al muro, sollevandola, in preda all'eccitazione. «Toccami...»,
Jake aveva aspettato quel momento per troppo tempo! La prese per la
nuca, affondando le dita in quella chioma morbida che profumava di fiori
e la baciò, assaggiandola, divorando le labbra tumide, esplorando
quella bocca ardente. Quella sensazione! Non aveva mai provato nulla di
simile nel baciare un’altra donna: lei aveva il potere di mandarlo fuori
di testa, di volere di più, di pretenderla come se la sentisse sua. E
lei si sentiva sua: le piaceva come la toccava, come la baciava. Quella
disperazione che li assimilava… Le sue mani che la accarezzavano
convulsamente. Le strappò il corpetto, facendo schizzare i bottoncini
che lo tenevano chiuso, stringendole i seni tra le mani. «Di più Jake,
dammi di più!» Spinse la sua bocca verso un capezzolo, succhiandolo
mentre il piacere la sferzò, facendola tremare. Il respiro affannato di
Jake fu afrodisiaco. Lo spinse più giù, facendogli assaggiare la pelle
calda dell’addome piatto, indugiando sull’ombelico e disegnandone il
contorno. Quella pelle vellutata era come se lo invitasse ad essere
tormentata. Le sollevò la gonna e le fece divaricare le cosce seriche,
mordicchiandole. Facendole inarcare il bacino, afferrò con i denti il
microscopico perizoma in pizzo nero e, con uno strattone, glielo
strappò. Restò lì, ad ammirare quella meraviglia, così piccola e rosea,
fatta per lui. «Liz, sei bellissima… anche qui...», le passò l’indice
fra le pieghe umide mentre lei si lasciava sfuggire un gemito. Lui le
afferrò una gamba, poggiandosela su una spalla, e affondò la lingua in
quel lago di miele... miele, lo stesso miele che gli colava sulle
labbra, sul mento e ne sentiva il profumo. «Non ti fermare Jake!»
ansimò, stringendogli i capelli. Mentre la esplorava, la mandava in
delirio: deciso, eppure così dolce. La baciò e la succhiò, tormentandola
tanto da farle spingere il bacino in avanti per andare incontro alle
languide e frenetiche stoccate, sino a raggiungere il piccolo fulcro del
piacere. Lo bagnò con scie bollenti mentre lei gli artigliava le
spalle. L’orgasmo si affacciò prepotente, privandola di ogni forza,
scossa dal piacere che non le lasciava il tempo di respirare. Jake,
sorreggendola, non le concesse tregua: si sollevò e, inchiodandola al
muro, la baciò, facendole assaporare quello che si era preso di lei.
Poggiò la fronte alla sua: «Lo senti, Liz? Senti quanto sei buona?» Lei
perse la ragione e, sfilandogli la maglietta con gesti febbrili, gli
sbottonò convulsivamente i pantaloni. «Dio, Jake!», dentro di lei,
doveva entrarle dentro. Quella voce così sensuale, le mani che a
malapena riuscivano a circondargli e stringere l’erezione. La sollevò
per le natiche, succhiandole i capezzoli rosei ed invitanti. Si appoggiò
al suo corpo smanioso e, con un colpo deciso, la penetrò. «Sì, cazzo,
Liz!» Jake, imprigionato in lei, mescolato alla sua anima! Non si era
mai sentita così eccitata, così appagata: le mani di Jake la
stringevano, mentre la solcava sempre più a fondo, sino a farla urlare
di piacere. I gemiti di lui, così virili ed eccitanti. Impazzita, andò
incontro ad ogni colpo, graffiandogli la schiena e scuotendo la testa
come se non avesse più potuto resistere a quell’assalto. Là, dove il
dolore veniva lenito, dove onde in tumulto la gettavano nel delirante
orgasmo. Gli morse il petto e gridò, stringendolo fra le gambe,
inarcandosi e reggendosi alle sue spalle. Bellissima, selvaggia, così
erotica! Gli spasmi di quel meraviglioso portale per il paradiso glielo
imprigionarono voluttuosamente, obbligandolo a stringere i denti finché
la inondò, soffocando un gemito, serrando la mascella. Il respiro gli
bruciava nei polmoni. Gettò indietro la testa, sibilando: «Liz!» Lei era
il suo tormento, la sua disperazione, gli apriva le ferite e poi le
richiudeva, lasciandole sanguinare. La bramava disperatamente: non gli
sarebbe bastato più nulla. Nulla! La quiete dopo la tempesta… i sensi si
ritirarono, lasciando il posto alla razionalità, nonostante fossero
ancora stretti l'uno nell'altro… Liz lo lasciò orfano di quel nido
grondante che lo aveva accolto. «Non farlo, Liz, non dire niente, non
dire quello che già so…» Lei, malferma sulle gambe, indietreggiò: «Cosa
hai voluto dimostrare?» Raccolse quello che rimaneva degli slip dal
pavimento e si strinse al petto il corpetto, ansimando ed urlando:
«Quale era la tua intenzione?!» Lui, barcollando, sollevò la cerniera
dei jeans: «La più bella scopata della mia vita...» Quello era stato?
Solo quello? Cosa doveva aspettarsi da Jake Angel! Lo guardò, furente.
«Sei un bastardo! E io sono una stupida…»
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